
Ricerca costante del brivido, dipendenza da adrenalina, vivere di sensazioni. Cresciuto nel mito del Don Chisciotte (e di David Avilés), Dany Torres, comida casera e flamenquito, incarna in modo impeccabile l'essenza del freestyle più classico. Eterno Peter Pan di Francia, un repertorio degno del miglior Prévert, Thomas Pagès rappresenta invece la faccia più artistica di uno sport in continua evoluzione. Spagna-Francia, Arahal-Nantes, 1500 chilometri di distanza, due modi differenti di pensare, competere, esistere. Del backflip, reinventato nelle sue mille varianti, il sevillano ha fatto il suo punto di forza; vincere senza mai eseguirlo la più grande sfida portata avanti dal francese. Spingersi perennemente oltre il proprio limite alla ricerca della perfezione è ciò che accomuna entrambi, con il pubblico a fare da motopropulsore. Giganti del cielo, carisma da vendere, il dietro le quinte racconta di due ragazzi semplici, genuini, spontanei, persino un po' timidi. Con la stessa luce negli occhi di un bambino il giorno di Natale ammirano il rivoluzionario tracciato situato al centro del lago artificiale dell'Olympiapark di Monaco, teatro del quarto appuntamento del Red Bull X-Fighters World Tour. Lo studiano con attenzione, sottolinando ancora una volta come cura dei particolari e inifinito spirito di sacrificio costituiscano il segreto numero uno di uno spettacolo che agli occhi si presenta come un vero e proprio elogio alla follia. Giusto mix di genio, istinto, raziocinio, i due riders europei maggiormente rappresentativi del momento confidano in esclusiva ai microfoni di RealMotor.it curiosità e particolari interessanti di una vita vissuta al limite, senza nascondere le proprie ambizioni in chiave futura: condurre la disciplina del Motocross Freestyle verso nuove frontiere.
Quinta posizione nella prima tappa in programma a Città del Messico e assente in Giappone. La tua stagione, Tom, non è iniziata certo nel migliore dei modi ma dopo lo streap tease che ci hai regalato a Madrid lo scorso 27 giugno, quante sono le possibilità di rivederti in tenuta sexy anche qui a Monaco?
"Spero vivamente di riuscire a ripetere la stessa performance... Avevo lavorato sodo per presentarmi al meglio all'appuntamento e alla fine di fronte al pubblico madrileño ho realizzato un'esibizione perfetta. Non nascondo che sarebbe importante per me fare il bis anche qui in Germania. Non tanto per il risultato finale, quanto piuttosto a livello di prestazione. Farcela mi renderebbe davvero felice...".
Nel 2012 la tappa di Monaco ha sancito il tuo rientro nel Red Bull X-Fighters World Tour a livello permanente, divenendo oggi uno dei maggiori protagonisti. Adesso che la tua vittoria a Las Ventas ha aperto nuovamente il campionato, pensi che un eventuale successo questo week-end possa darti lo slancio necessario per puntare, a distanza di un anno, alla conquista del tuo secondo titolo?
"L'ultima volta qui a Monaco fu veramente eccezionale... Non credevo di poter centrare una vittoria (la prima, ndr) nella stessa gara che sanciva il mio ritorno nel RBXF. Sono passati due anni e in questo periodo mi sono allenato con grande intensità. Sono cresciuto tecnicamente e so di poter contare su un pubblico incredibile. Non so se riuscirò ad affermarmi anche questa volta ma il mio obiettivo principale resta quello di divertirmi e di entusiasmare il pubblico".
Per la prima volta nella storia dell'FMX vi troverete a competere su un circuito completamente galleggiante. Se dovessi definirlo in tre parole?
"Nuovo, incredibile, folle... E' un circuito particolare perché è stato costruito completamente sull'acqua ed è la prima volta in assoluto. E' stato progettato in maniera impeccabile e benché non ci siano grandi differenze nel modo di eseguire i trick una cosa è certa: bisogna assolutamente fare attenzione a non cadere in acqua (ride, ndr)".
Specializzato in 'prime assolute', dopo lo Special Flip hai lasciato tutti a bocca aperta realizzando una figura quale il 'Bike Flip'. Cos'è che ti spinge a lavorare ogni giorno ore ed ore per creare trick mai visti prima?
"Lo scopo principale è quello di migliorarmi a livello personale, crescere tecnicamente, studiare figure la cui esecuzione possa gratificarmi. Allo stesso tempo, però, sono sicuro di contribuire a spingere questa disciplina ad un livello sempre più avanzato. Di fronte a sfide che tutti credono impossibili mi capita di lavorare il doppio pur di dimostrare il contrario e riuscire nell'impresa".
Oggi sono le medaglie e le competizioni a farla da padrona ma, come sosteneva la leggenda francese Manu Troux, il freestyle nasce soprattutto come diversivo per coloro che avevano come priorità la ricerca di libertà. In questo senso, tu e tuo fratello Charles avete saputo ricreare alla perfezione quello che era lo stato d'animo dei pionieri della disciplina.
"Manu ha detto molte cose importanti sull'origine di questa disciplina, di cui è sicuramente uno dei precursori in Europa. Siamo divenuti buoni amici e, come lo era Eigo Sato, per me rappresenta un esempio in assoluto per il suo modo di intendere questo sport ma anche per il suo stile di vita. Per quanto mi riguarda provo a seguire le loro tracce e andare nella loro stessa direzione".
Nell'evoluzione del freestyle pensi che il quattro tempi finira per imporsi come è stato nella velocità?
"Non penso che la cosa fondamentale sia due o quattro tempi, piuttosto è importante avere un buon feeling con la moto con cui corri. Nel mio caso io mi sento più sicuro con un due tempi (Yamaha YZ250, ndr), almeno per il momento. Può essere che in futuro decida di passare ad un quattro tempi ma per adesso direi che va più che bene così".
La tua decisione di non prendere parte all'evento andato in scena in Giappone lo scorso maggio non è stata semplice. Più coraggio ad annunciare la tua scelta o a tentare il Bike Flip a Madrid con tutti i rischi che un insuccesso avrebbe comportato?
"Bella domanda (sorride, ndr)... E' stato molto difficile annunciare che non avrei corso ad Osaka perché il Giappone è un paese che amo veramente tanto e il pubblico mi ha sempre appoggiato. Sapevo che realizzando il Bike Flip avrei compiuto un passo importante per far avanzare questo sport ed ero altrettando consapevole che dopo la rinuncia in Giappone a Madrid non mi sarebbero stati concessi errori. Sono stati entrambi due momenti difficilissimi".

A questo proposito, il vostro lavoro richiede più follia o razionalità?
"In generale la tendenza di molti è quella di definirci semplicemente 'pazzi'. In realtà dietro a queste acrobazie incredibili c'è un'immensa mole di lavoro. Niente è lasciato al caso o all'improvvisazione. La gente vede solo lo 'show' ma la parte più dura è quella che avviene 'dietro le quinte'...".
Quest'inverno hai avuto anche l'opportunità di girare con il team Yamaha France GMT 24. Cosa puoi raccontarci di questa esperienza?
"Girare con Yamaha è stata una grande chance. Volevo testare i miei limiti con qualcosa di nuovo e vedere quanto lontano potevo spingermi... E' stato molto importante poter provare una moto su pista perché mi ha permesso di staccare dal freestyle, scoprire nuove sensazioni e nuove tecniche. Una sorta di completamento anche in ottica FMX".
Una possibilità per il futuro?
"Perché no...".
La 24 Ore di Le Mans moto?
"24 ore forse sono un po' troppo lunghe... (ride, ndr)".
Quali sono le caratteristiche che definiscono un pilota freestyle?
"Penso che un pilota freestyle debba essere innanzi tutto completo. E' necessario lavorare molto sulla tecnica ma bisogna avere anche tanta immaginazione. Il rigore e la serietà sono imprescindibili ma è importante anche la creatività. Il RBXF riunisce tutti i migliori piloti del mondo quindi per vincere è fondamentale riuscire a diversificarsi. Ed è quello che sto tentando di fare...".
Cosa spaventa un uomo che osa sfidare i limiti della natura?
"Ho paura di un sacco di cose... che non si possono svelare (ride, ndr)!".
Paure, tante, ma non quella di volare. "Donde unos ven el miedo yo encuentro la diversión". Il messaggio Dany Torres se lo è tatutato nella pelle.
Il tuo debutto nel campionato Red Bull x-Fighters è avvenuto nel 2004 a Las Ventas, dove cinque anni più tardi hai centrato uno dei successi più belli della tua carriera. Per questo la tappa madrileña aveva un significato particolare per te, eppure per il secondo anno consecutivo non è andata come speravi.
"A Madrid ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità. La verità è che trovarsi faccia a faccia con Pagès in semifinale non è stato affatto semplice. Ho disputato una buona manche ma Tom è stato eccellente. Non ha commesso il minimo errore, lanciandosi in trick incredibili. Alla fine mi sono dovuto accontentare del quarto posto, che non è affatto male".
Qui a Monaco, però, non ci sono favoriti visto un tracciato completamente innovativo. Cosa ti aspetti da questo appuntamento?
"Quello di Monaco è un circuito unico, spettacolare, divertente... semplice nella sua stuttura, facile a prima impressione perché dà una grossa libertà di esecuzione. Darò il meglio di me sperando di puntare al vertice".
Il campionato è ancora aperto e un trionfo in Germania ti permetterebbe di fare un notevole salto avanti in classifica (130 i punti collezionati da Torres, in terza piazza, a fronte dei 200 del leader Sherwood, ndr). Pensi ancora al titolo?
"Credo che si possa ancora puntare al titolo e a questo proposito quello di Monaco sarà un appuntamento cruciale. Come sempre lotterò per ottenere il miglior risultato possibile, sperando che sia la vittoria, in modo da arrivare all'ultima prova ancora in corsa per il titolo".
Il 2014 segna il tuo secondo anno in sella ad una moto quattro tempi (la KTM 350 SX-F, ndr): cosa ti ha dato in più?
"Sì, sono due anni che corro con un quatto tempi e mi sento molto più a mio agio. Il vantaggio sta nel propulsore che ha più coppia, mentre il freno motore ti aiuta nella fase centrale nell'esecuzione dei trick. Con l'unico svantaggio rappresentato dal peso, che comporta un maggiore sforzo fisico".
Eppure da quando sei passato al quattro tempi il podio non è sempre stato alla tua portata...
"Probabilmente perché ho impiegato un po' ad adattarmi al quattro tempi. Ma adesso che ho trovato il giusto feeling posso dire di sentirmi più sicuro. E credo che questo, insieme ad un lavoro costante, mi aiuti a raggiungere buoni risultati molto più in fretta. Facendo un bilancio gli aspetti positivi superano di gran lunga quelli negativi, a partire dalla facilità di guida e da una maggiore potenza. Penso che il quattro tempi rappresenti il futuro, ecco perché studiavo già da tempo questo cambiamento...".
A dieci anni dalla tua prima partecipazione al Red Bull X-Fighters hai vissuto in prima persona tutta l'evoluzione del freestyle, che ancora oggi non può dirsi conclusa. A Madrid ci hai lasciato con una promessa: iniziare a progettare nuovi trick per poter stare al passo di piloti come Pagès. Qual'è il limite dell'FMX?
"Non saprei definire dove si trova esattamente il limite del freestyle... il livello continuerà ad avanzare fintanto che noi piloti ci cimenteremo in nuovi trick, come ha fatto appunto Tom Pagès... La creazione stessa di circuiti tanto innovativi rende impossibile stabilire i confini dell'FMX...".
Cosa cambieresti del freestyle perché non perda il suo appeal?
"Credo che per quanto riguarda il Red Bull X-Fighters non sia difficile attrarre il pubblico. Ogni evento si presenta in maniera differente, anche a livello di location, e riserva sempre qualcosa di nuovo e speciale. Las Ventas è uno scenario unico mentre questo di Monaco, dove il tracciato è interamente costruito sull'acqua, è l'esempio più lampante. Dal punto di vista delle evoluzioni acrobatiche, invece, la crescita costante del freestyle ci consente di arricchire ogni giorni il nostro repertorio o aggiungere particolari interessanti ai trick più classici".
Una vita spesa in sella la tua, visto che hai iniziato a praticare motocross all'età di soli tre anni. Poi il colpo di fulmine. Cos'è che ti ha fatto innamorare del freestyle?

"Mi hanno sempre affascinato i salti, anche quando praticavo motocross... A quindici anni un promoter di Coria mi dette l'opportunità di provare per la prima volta il freestyle, prendendo parte poco dopo ad un contest a Estepona. Mi è subito piaciuto.. e lì ho ottenuto anche la mia prima vittoria. Per un po' ho continuato a praticare tutte e tre le discipline per divertimento poi ho capito che era arrivato il momento di scegliere tra Supercross, Motocross e Freestyle: non ho avuto dubbi. All'inizio era soltanto un hobby e non pensavo potesse divenire il mio lavoro; in seguito grazie a sponsor, sacrifici e tanto allenamento ho raggiunto un buon livello e questo mi ha concesso di trasformare la mia passione nel mio lavoro".
In generale, nel Motorsport, gli spagnoli sono sempre stati ai vertici. Nel futuro del freestyle vedi piloti in grado di tenere alta la bandiera spagnola come è stato con te e con Maikel Melero?
"Sì, credo che vi siano giovani abbastanza validi nel panorama freestyle... che presto lotteranno per conquistarsi un posto in prima linea e chissà che non possano mostrarci nuovi trick...".
In uno sport tanto pericoloso come questo la preparazione della moto è fondamentale. Quanto è importante per te la figura di tuo padre, Ramon Torres?
"Moltissimo... E' sempre stato al mio fianco, rivelandosi il mio primo vero tifoso. Quando ad appoggiarti è tuo padre, o la tua famiglia, ti senti inevitabilmente più sicuro. Averlo accanto tanto in allenamento quanto nei viaggi è super importante per me, vale l'80% del mio lavoro".
Flirtare con il pericolo, "auténtico subidón de adrenalina". Una rampa che per entrambi significa la porta del paradiso, novanta secondi per trovarne la chiave.